Entrare nello spazio della tenerezza. Dai, Federico! Sei un po’ imbarazzante ad esprimerti in questo modo, se ti sentisse Signora Porzia! La verità è che per entrare in quello spazio lì bisogna essere umani… e un po’ con i contro coglioni! In compulsiva ricerca di qualcuno che ci rassicuri, ci comprenda, ci ami mettiamo tutto insieme alla rinfusa, procedendo a casaccio. Forse fingiamo di non saperlo, ma la verità è che viviamo perennemente disgiunti. Quali sono i nostri modi per esprimerci con noi stessi, con le persone sconosciute, con quelle che odiamo, con quelle vicine e che diciamo di amare? Ecco, forse potremmo partire da qui per fare un buon ragionamento. Porzia ne avrebbe di cose da dirci, ma è meglio non disturbarla… almeno per oggi… Diciamole che non siamo ancora pronti! A noi interessa poco fare buoni ragionamenti: così immersi nelle nostre occupazioni quotidiane non ci accorgiamo che ci siamo rubati tutto a vicenda rimanendo in braghe di tela. Tutti noi, dal proprio tavolino dello stesso ristorante, sbraitiamo generando caos che non siamo più in grado di distinguere. Siamo esseri fantastici! Praticamente c’è rimasto talmente poco di noi in noi che siamo diventati impalpabili, surreali, stivati dentro all’inverosimile! Ciò che da secoli e millenni rimbomba da una parte all’altra del mondo sono le nostre ciance e i nostri gridi. Naturalmente nessuno dovrebbe sentirsi offeso per queste cose che dico, poiché mi sto riferendo al nostro ego: lui sì che se la prende! Per il resto potremmo anche starcene tranquilli. Solo che il resto non c’è. Ah ah ah! Ridi che ti passa! Ah ah ah! Ride ben chi ride ultimo! Risus abundat in ore stultorum. Già perché al di fuori del nostro ego sembra non esserci rimasto altro. Pre-occupati, pre-allarmati, pre-feriti, pre-definiti pre-attrezzati, pre-agguerriti… corriamo sopra noi stessi senza più accorgercene, e tutto il patrimonio di tenerezza di cui disponevamo è andato perduto. Siamo pre-occupati del PIL, dell’economia, dei lestofanti (quelli sì che sono una grande preoccupazione!). Ma cos’è la tenerezza? Senti Federico, prenditela tu! Che ce ne facciamo? A cosa serve? A chi interessa? La tenerezza suggerisce – senza mezzi termini – di partire dal basso, per essere più precisi dal silenzio. Immaginiamo: per un giorno intero, ma che dico! per mezza giornata, ma che dico! per tre ore tutto il mondo rimane in silenzio! Ma che dico! Un’ora! Va bene, non tutto il mondo, partiamo da me! Spegnere radio, televisione, voce, internet e discussioni, conversazioni e diatribe varie, parole e brontolii e comunicati di qualsiasi genere… Sshh… Parliamo sottovoce. Entra in scena il silenzio! Stato primordiale della vita. Sapete, come quando sta per iniziare qualcosa di importante e si genera quel tipo di… atmosfera: arriva al mondo una nuova creatura e un attimo prima, tutt’intorno e dentro di noi, prende spazio… il silenzio. Emblema di una esistenza che fu, il silenzio è opportunità, panoramica eloquente sull’ammasso di inutilità che produciamo giornalmente; il silenzio permette di osservare tutto il rumore in cui siamo immersi quotidianamente. E’ buffa la vita, scanzonata e appassionante, terrificante e meravigliosa, una cosa quasi inconcepibile, insomma. Voi ci capite qualcosa? Io poco o niente. Però, almeno un’oretta di silenzio al giorno mi aiuterebbe ad entrare in contatto con quel me stesso sperduto e mezzo divorato. Questa è la tenerezza. L’amore è per sempre. Finché ego non vi separi.
Se vuoi lasciare un commento sarò molto felice. Spero che l’articolo sia di tua ispirazione. Un abbraccio
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